Tecnologia e sostenibilità per la resilienza del sistema moda italiano

Tecnologia e sostenibilità

Tecnologia e sostenibilità: un passaggio quasi obbligato per il settore moda

Tecnologia e sostenibilità è un binomio destinato a cooperare strettamente in tutte le attività aziendali del settore fashion. 

È obbligata infatti la scelta di passare a sistemi che prevedono l’inserimento di tecnologie in rapida trasformazione e orientate alla sostenibilità ambientale.

Nel 2020, la filiera del tessile abbigliamento italiano ha registrato (Centro Studi di Confindustria Moda per SMI) un calo del 20,1% rispetto al precedente 2019. Ad incidere, certamente, gli effetti della pandemia.

Paradossalmente, però, le aziende tessili si sono trovate innanzi a un’altra difficoltà: il reperimento di operai specializzati e tecnici conduttori di impianti.

Tutto questo proprio nel momento in cui l’innovazione diviene una scelta obbligata per il passaggio a sistemi che prevedono l’inserimento di tecnologie in rapida trasformazione e orientate alla sostenibilità ambientale.

In questo articolo analizziamo le mancanze con le quali il mercato della moda ha dovuto fare i conti e le necessità emerse per rispondere in maniera competitiva all’evoluzione del settore.

Per i lettori del nostro blog proponiamo un’attenta analisi dei fatti, presente integralmente su Huffington Post e scritta da Aldo Premoli. 

Una premessa sull’andamento del settore

Nel 2020, come precedentemente detto, la filiera del tessile abbigliamento italiano ha registrato (Centro Studi di Confindustria Moda per SMI) un calo del 20,1% rispetto al precedente 2019. 

Nella sola Lombardia, il consumo di vestiario e calzature ha subito una contrazione del 34,7% rispetto al 2019, flessione addirittura superiore a quella nazionale (-23,3%).

La Lombardia è stata tra le regioni immediatamente colpite dal Covid-19: ha fatto un ampio ricorso allo smart working, registrando inoltre l’assenza di eventi di ogni genere e l’impossibilità di praticare sport invernali.

Tuttavia un dato così negativo non si spiega solo con lo sconquasso provocato dal virus. Già in precedenza il tessuto imprenditoriale del suo sistema moda aveva registrato una forte contrazione.

E difatti nonostante l’inversione di tendenza che ha permesso di chiudere i primi sei mesi del 2021 con un deciso incremento, i livelli di produzione dello stesso periodo pre pandemia (gennaio-giugno 2019) non sono stati più raggiunti.

L’evoluzione legata alle nuove tecnologie

Paradossalmente le aziende tessili si sono trovate innanzi a un’altra difficoltà: il reperimento di operai specializzati e tecnici conduttori di impianti. Tutto questo proprio nel momento in cui l’innovazione diviene una scelta obbligata per il passaggio a sistemi che prevedono l’inserimento di tecnologie in rapida trasformazione e orientate alla sostenibilità ambientale.

A questo proposito gli esperti del settore concordano: alla difficoltà di reperimento di competenze interne si accompagna la necessità di investimenti che richiedono centinaia di migliaia di milioni di euro e divengono quindi appannaggio di aziende in grado di sostenerli. 

Certo difficili da affrontare per qualsiasi start up, pure innovativa e ben orientata che sia.

L’evoluzione nella moda legata alla sostenibilità

L’evoluzione legata alla sostenibilità ambientale

Quel che sta accadendo nel distretto produttivo comasco è esemplare. La qualità di alcune delle sue lavorazioni, nonostante una ventennale emorragia nel numero delle unità produttive in azione, resta il top di gamma a livello internazionale. I più celebri tra i marchi di moda – italiani o stranieri che siano – è qui che si rivolgono per ottenere i risultati migliori.

Così accade per la stampa su tessuto. Si tratta di un procedimento che richiede tra l’altro, nelle lavorazioni tradizionali, un quantitativo d’acqua pari a 4.995 litri ogni 100 metri di tessuto stampato. Numeri impressionanti.

C’è chi però come Creazioni digitali – azienda pioniera della stampa digitale in Italia – ha affiancato alle lavorazioni tradizionali una tecnologia che utilizza pigmenti battezzata smartWater: i macchinari Kornit (tecnologia israeliana) in questo caso sono capaci di ottenere stampe “a secco” e addirittura tridimensionali. 

Non si tratta solo di etica. I quantitativi di acqua per i lavaggi conseguenti la stampa hanno un costo rilevante per l’azienda. Un costo duplice e paradossale: 0,69 euro per l’acquisto di un litro; 5,90 euro per il suo smaltimento.

Come afferma Roberto Lucini, AD di Creazioni digitali proprio sul binomio tecnologia e sostenibilità: “Oggi continuiamo a portare innovazione focalizzando la nostra attenzione sullo sviluppo tecnologico. Siamo infatti certi che, la tecnologia, debba essere il mezzo in grado di migliorare i nostri sistemi produttivi, ponendo l’accento sull’eco‐sostenibilità delle produzioni, soprattutto in un settore, quello tessile, tra i più inquinanti al mondo.

Sostenibilità – proseguie Lucini – non significa solo rispetto per l’ambiente, ma anche risparmio di materie prime e risorse economiche. Significa razionalizzazione dei processi produttivi. Non è più possibile continuare ad operare con gli stessi modelli di un tempo. L’aumentata consapevolezza dei consumatori richiede ora totale trasparenza”. 

Le azioni da intraprendere

Chi fa resistenza a questo tipo di innovazione non sono i consumatori, nella stragrande maggioranza ignari di scenari come questo. La resistenza arriva piuttosto dai brand di moda, spesso proprio i “grandi”, quelli più conosciuti tra il grande pubblico. 

Questi ultimi disposti da qualche tempo (come registrato ai recenti G20 e Cop26) a investire molto in marketing green (washing). Molto meno invece ad accollarsi qualche decimale di costo in più su una t-shirt, un jeans o una camicia per produrli in maniera sostenibile.

È dunque giunto il momento che i decisori del settore moda si facciano carico di queste problematiche. Resta perciò necessario, rispondere, ora, alle necessità del settore ponendo alla base delle loro decisioni, tecnologia e sostenibilità. 

E affinché i grandi della moda si facciano carico – per davvero – di un problema che non può attendere tempi comodi di risoluzione (così almeno la pensano il 97% degli scienziati che si occupano di problemi ambientali) non può che venire in combinazione con azioni assennate da parte dei decisori politici. 

Che si tratti di QR Code da apporre ai capi o di qualsiasi altro strumento poco importa. Tempo da perdere non ce n’è proprio più.

Per una lettura integrale dell’articolo e per approfondimenti vi invitiamo a cliccare a questo link

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